giovedì 30 maggio 2013

Caracas, dalla carta igienica alla farina. Scarseggiano i prodotti nei mercati

 
 
Il governo accusa gli speculatori, ma l’opposizione ri ribella: «Il modello chavista sta rovinando il Paese»
Dopo la carta igienica adesso è la volta del vino per dire messa e della farina per produrre le ostie. La penuria di beni di prima necessità sta gettando un intero paese, il Venezuela, in un disagio sempre più profondo. Tutta colpa del “modello chavista”, sostiene in coro l’opposizione, che impone prezzi controllati e dunque più bassi di quanto non risulterebbe dall’incrocio di domanda e offerta su molti prodotti di consumo, dal riso al pollo, dalla carne al latte, passando appunto per la farina per le ostie e la carta igienica.  

Una penuria di prodotti senza precedenti che ha colpito persino la Chiesa Cattolica. La Conferenza Episcopale venezuelana in un comunicato pubblicato sulla rivista “La Iglesia Ahora” ha infatti invitato tutti i sacerdoti della regione a ridurre il numero delle messe proprio per ovviare alla mancanza del materiale necessario per la comunione. Ma ha lanciato anche un appello sottolineando il “disperato bisogno” di trovare il vino adatto, un vino “più puro e naturale possibile”. In particolare vino argentino o cileno, “di buona qualità”, perché quelli “francesi, spagnoli e italiani sono molto, troppo cari”. Il problema è che Industrias Pomar, che ha sempre in passato prodotto il vino per le messe, l’Ecclesia, oggi per sua stessa ammissione “non può più garantire la produzione costante e la distribuzione regolare per mancanza di alcuni pezzi per l’imbottigliamento”.  

Ma cosa sta succedendo? “Il modello con cui si pensava di sostituire lo stato all’iniziativa dei piccoli, medi e grandi imprenditori è fallito”, spiega José Guerra, professore presso l’Università Centrale del Venezuela. Il risultato di restrizioni, eccesso burocratico e controllo dei prezzi è stata la “distruzione della capacità produttiva nazionale e ora lo stesso governo che aveva accusato gli imprenditori di speculare sulla pelle del ‘pueblo’ li ha chiamati al dialogo. E, per evitare il caos, deve importare persino la carta igienica”, conclude l’economista vicino all’opposizione. Per il chavismo, invece, la causa delle lunghe file ai Mercal e ai Pdval, i supermercati statali dove è sempre più difficile trovare pollo, riso, e altri beni, è dovuta agli “speculatori che si accaparrano grandi quantitativi di prodotti, per poi nasconderli nella speranza che possano essere venduti a prezzi maggiori, lucrando sulla differenza”.  

Di certo c’è che sinora il deficit produttivo nazionale era stato coperto dalle importazioni. Come per esempio era accaduto la settimana scorsa quando il Parlamento a maggioranza chavista ha decretato l’acquisto dall’estero di 39 milioni di rotoli di carta igienica perché nessuno la produce più nel paese. Il problema è che adesso le riserve in dollari della Banca centrale si sono evaporate, passando dai 32 miliardi di dollari del 2008 ai 2 di quest’anno. Insomma, con un’industria nazionale monoprodotto- il petrolio ed i suoi derivati i cui introiti finanziano i progetti sociali chavisti e dunque non possono essere “sviati”- e con le riserve quasi a zero, la politica di ‘import substitution’ (cioè sostituire alla produzione nazionale le importazioni) che aveva retto sinora, non è più possibile. Ed è proprio per questa motivazione economica, sostengono gli analisti indipendenti, che nelle ultime settimane la democrazia bolivariana di Chávez è stata messa alle strette e molti elettori tradizionali del partito socialista unito del Venezuela hanno scelto di non votare Nicolás Maduro alle elezioni del mese scorso.  

Fonte
Paolo Manzo

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